mercoledì 9 dicembre 2009


Natura morta, 1948

Questo dipinto, datato 1948, è esemplare di quelle opere che sono definite "le grandi Nature morte della maturità". L'artista ha indagato uno spazio vuoto, ma ben delimitato (una mensola), nel quale trovano posto tre file di oggetti - omogenei per uso (bottiglie e caraffe), ma disomogenei per forma e colore - colpiti da luce piena.

Le ombre riportate sono, però, quasi assenti come i brillii creati dalla luce.

Gli oggetti in ultima fila sono schiacciati da quelli che li precedono; il pittore qui sceglie “semplicemente” di annullare la loro resa prospettica, complice il disegno, marcato e modulato da una linea piena, netta, ma resa incerta dal diverso spessore utilizzato, e l’uso sapiente del colore.

Lo stesso colore, infatti, scelto per la bottiglia ed il bicchiere in primo piano, il bianco, crea una forte sensazione di assenza di volume. La matericità è quindi annullata a favore di una composizione “forte”, geometrica, rigorosamente calibrata. Composizione estremamente moderna e nel contempo antica. Tornano alla mente richiami giotteschi uniti ad echi di contemporaneità.

Gli oggetti, nonostante siano disposti in maniera scalare, hanno la stessa altezza: questo contribuisce a trasmettere in chi guarda una sensazione di stupita attesa, domanda muta di assenza\presenza.

Come in certi sogni, la realtà altra traspare dall’immagine e questo permette di trascendere il reale ed arrivare ad un piano comunicativo puramente spirituale: si guarda, si vede e nel contempo ci si interroga. Questa è la forza, il fascino dell’opera morandiana.

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