domenica 13 dicembre 2009

Morandi e l'incisione


Natura morta con cinque oggetti

Cesare Brandi scrive dell’acquaforte in Morandi incisore,1946:

Quest’arte che non è mai estemporanea, che non si vale mai del fascino prestigioso che la morsura dell’acido può conferire anche al segno più casuale, riesce tuttavia a salvare, come e talora quasi più della pittura, la freschezza improvvisa dell’emozione, quel che di rorido, di trepido, di subitaneo, il manifestarsi stesso dell’immagine consente. E’ tale presenza, dal principio alla fine della lastra, che dà la misura dell’intensità di un’ispirazione, che non si arresta dunque al primo sbalzo fantastico, ma prosegue come un foco lento e tenace, e via via si alimenta in se stessa. Quando la lastra è compiuta, sembra davvero che d’un colpo solo sia stata impressa: e sul rame come sulla carta. E proprio allora che viene il desiderio di ripercorrere il lungo minuto cammino, che è rimasto scritto passo passo nei segnetti neri e nitidi. L’acquaforte, tenuta a mantenere in vista i suoi ingredienti per cui non c’è impasto di tavolozza, si consegna, e quasi pare di poterla svolgere all’incontrario, mentalmente e al rallentatore. Così la musica si dà nella scrittura, attraverso la precisa notazione; offre il segreto dei timbri, la formula delle armonie; la miscela dei contrappunti. Segreto, formula, miscela: ma quanto misteriosi ed evasivi, nell’apparente chiarissima ricetta. Non altrimenti le reti sottili di Morandi, le sue garze fluttuanti, i suoi rammendi invisibili: una volta investiti all’immagine, la suggellano in quella pura realtà mentale; ma non l’evocano, ne discendono”.

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