domenica 20 dicembre 2009


Natura morta, 1964

Natura morta, 1963

Paesaggio, 1963

Paesaggio, 1962

Natura morta, 1960


Natura morta, 1960

Cortile di via fondazza, 1956


Natura morta, 1959

lunedì 14 dicembre 2009

«Vi sono pittori per cui l'incisione rappresenta una via secondaria, e quasi di campagna, un modo di prendersi le vacanze dalla pittura: altri, per cui l'incisione diviene il fulcro stesso della forma pittorica. Se di questi ultimi fu Rembrandt il principe, è fra questi che si schiera anche Morandi» (Cesare Brandi)

domenica 13 dicembre 2009

Morandi e l'incisione


Natura morta con cinque oggetti

Cesare Brandi scrive dell’acquaforte in Morandi incisore,1946:

Quest’arte che non è mai estemporanea, che non si vale mai del fascino prestigioso che la morsura dell’acido può conferire anche al segno più casuale, riesce tuttavia a salvare, come e talora quasi più della pittura, la freschezza improvvisa dell’emozione, quel che di rorido, di trepido, di subitaneo, il manifestarsi stesso dell’immagine consente. E’ tale presenza, dal principio alla fine della lastra, che dà la misura dell’intensità di un’ispirazione, che non si arresta dunque al primo sbalzo fantastico, ma prosegue come un foco lento e tenace, e via via si alimenta in se stessa. Quando la lastra è compiuta, sembra davvero che d’un colpo solo sia stata impressa: e sul rame come sulla carta. E proprio allora che viene il desiderio di ripercorrere il lungo minuto cammino, che è rimasto scritto passo passo nei segnetti neri e nitidi. L’acquaforte, tenuta a mantenere in vista i suoi ingredienti per cui non c’è impasto di tavolozza, si consegna, e quasi pare di poterla svolgere all’incontrario, mentalmente e al rallentatore. Così la musica si dà nella scrittura, attraverso la precisa notazione; offre il segreto dei timbri, la formula delle armonie; la miscela dei contrappunti. Segreto, formula, miscela: ma quanto misteriosi ed evasivi, nell’apparente chiarissima ricetta. Non altrimenti le reti sottili di Morandi, le sue garze fluttuanti, i suoi rammendi invisibili: una volta investiti all’immagine, la suggellano in quella pura realtà mentale; ma non l’evocano, ne discendono”.

Natura morta, 1956. Olio su tela 40,5 x 35,4 cm
Mart, Collezione Giovanardi, Rovereto

"nell'ultimo quinquennio della sua vita, circa dal 1959 al 1964, sembrò che la pittura di Morandi fosse cambiata o in procinto di cambiare: improvvisamente, né solo nel veloce trattamento degli acquerelli, il pennello di Morandi segnava larghi strisci, senza unificarli, e non rapportava a una distanza ravvicinata gli oggetti, fossero sulla tavola o entro un paesaggio. Mi ricordo che molti [...] rimanevano interdetti: ma quei quadri non erano finiti… perché Morandi non li firmava? Perché invece erano finitissimi, nel senso che la freschissima immagine era fissata come un fiore con la rugiada […]La sua visione non era cambiata, ma l’apparizione dell’immagine era divenuta ancora più istantanea, vivida: l’attimo fuggente. E su quell’attimo fuggente si spense. […] La sicurezza di quelle straordinarie pennellate, così straordinarie come quelle di Velázquez (che, da vicino, non si vede niente) assicura, se mai si potesse revocare in dubbio, che le doti di pittore di Morandi arrivarono fino alla pittura più pittura, fatta di tocco, di pennellate di striscio, senza che si perdesse una stilla di quella meravigliosa sostanza cromatica, che era spazio luce e colore allo stato fluido come un profumo o un liquido etereo"
Cat. cit., Madrid-Barcellona, 1984-1985, p. 24.

giovedì 10 dicembre 2009

non solo bottiglie



Disegno di fiori 1946



Fiori 1949

mercoledì 9 dicembre 2009


Natura morta, 1948

Questo dipinto, datato 1948, è esemplare di quelle opere che sono definite "le grandi Nature morte della maturità". L'artista ha indagato uno spazio vuoto, ma ben delimitato (una mensola), nel quale trovano posto tre file di oggetti - omogenei per uso (bottiglie e caraffe), ma disomogenei per forma e colore - colpiti da luce piena.

Le ombre riportate sono, però, quasi assenti come i brillii creati dalla luce.

Gli oggetti in ultima fila sono schiacciati da quelli che li precedono; il pittore qui sceglie “semplicemente” di annullare la loro resa prospettica, complice il disegno, marcato e modulato da una linea piena, netta, ma resa incerta dal diverso spessore utilizzato, e l’uso sapiente del colore.

Lo stesso colore, infatti, scelto per la bottiglia ed il bicchiere in primo piano, il bianco, crea una forte sensazione di assenza di volume. La matericità è quindi annullata a favore di una composizione “forte”, geometrica, rigorosamente calibrata. Composizione estremamente moderna e nel contempo antica. Tornano alla mente richiami giotteschi uniti ad echi di contemporaneità.

Gli oggetti, nonostante siano disposti in maniera scalare, hanno la stessa altezza: questo contribuisce a trasmettere in chi guarda una sensazione di stupita attesa, domanda muta di assenza\presenza.

Come in certi sogni, la realtà altra traspare dall’immagine e questo permette di trascendere il reale ed arrivare ad un piano comunicativo puramente spirituale: si guarda, si vede e nel contempo ci si interroga. Questa è la forza, il fascino dell’opera morandiana.

martedì 8 dicembre 2009

"...e andando nel sole che abbaglia..."


Nel 1943 Morandi lascia Bologna, ormai divenuta troppo pericolosa, e si trasferisce a Grizzana. La guerra è , però, un evento impossibile da ignorare. Morandi dipinge dei paesaggi, paesaggi

"ridotti alle strutture elementari, ma percorsi da un respiro infinito"(Leymarie, 1970).

L'artista si sofferma sugli elementi naturali, l'uomo è il grande assente....vi è solo silenzio sgomento.

Mi torna in mente una poesia scritta anni prima da Montale (1916, poi edita nel 1925, raccolta Ossi di Seppia)

Meriggiare pallido e assorto
presso un rovente muro d’orto,
ascoltare tra i pruni e gli sterpi
schiocchi di merli, frusci di serpi.

Nelle crepe del suolo o su la veccia
spiar le file di rosse formiche
ch’ora si rompono ed ora s’intrecciano
a sommo di minuscole biche.

Osservare tra frondi il palpitare
lontano di scaglie di mare
mentre si levano tremuli scricchi
di cicale dai calvi picchi.

E andando nel sole che abbaglia
sentire con triste meraviglia
com’è tutta la vita e il suo travaglio
in questo seguitare una muraglia
che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia.


Arcangeli parla "di solitudine estrema e mortalmente serena"; Ragghianti del "il respiro di un tempo epico" e Roberto Tassi afferma che "si svolge in quegli anni forse la più solenne e commovente meditazione sulla natura che l'arte europea del nostro secolo abbia conosciuto".
Natura morta 1936

“… la precisa, ricostruita interezza dei volumi cede allora alla forza geminante, all’estro
plastico del colore divenuto denso, rotto, ora vibrante e molle come un epitelio […]la
pennellata a rilievo cangia nello stesso tono sol con le incidenze diverse della luce
sulla pasta del colore: è come se l’oggetto divenisse la sua ombra, e l’ombra invertisse
i rapporti luminosi con l’oggetto…”

Cammino di Morandi, 1939/41

lunedì 7 dicembre 2009

“Penata lucidità”



Nel 1938-1939, dopo essere uscito dalla sua personale discesa nel profondo degli anni 1929-1937, Morandi dà vita a una serie incredibile di Nature morte, in cui esplodono cromie inattese di vividi rossi-aragosta, tocchi perlacei di bianco, turchini gemmati di lapislazzulo.

“…Nulla è meno astratto, meno avulso dal mondo, meno indifferente al dolore, meno sordo alla
gioia, di questa pittura che apparentemente si ritira ai margini della vita e si interessa,
umbratile, ai polverulenti ripostigli della cucina…”

domenica 6 dicembre 2009


Natura morta (pere), 1924, olio su tela su tavola, cm 21x29, Mart, collezione L.F.

“…L’oggetto […] nel quotidiano confronto tra l’artista e il suo modello, riacquistava circostanze nuove, non dedotte per imitazione, ma individuate, scoperte, isolate: di lì investite all’archetipo, che fonde nella nuova struttura. L’oggetto si costituisce allora alla fantasia, non come quella tale bottiglia polverosa, ma come ipotiposi che riempie la coscienza, rende la coscienza a se stessa quasi tangibile e certo visibile: dove è già il trapasso dall’immagine mentale alla figurazione pittorica."Cammino di Morandi, 1939/4

Scrive Cesare Brandi che il 1924 è "uno dei momenti più alti di tutta la pittura di Morandi. E' un momento di raggiunta concordia, di convenienza col mondo".


E i Fiori donati nel 1984 dalle sorelle Morandi al Comune di Bologna sembrano proprio appartenere a questa stagione felice dell'arte morandiana: la forma cilindrica del vaso è nitida e tersa, ancora legata alla poetica dei "Valori plastici"; le corolle sono quelle dei fiori di campo appena colti e fermati nell'immediatezza di una goccia di rugiada, come accarezzati da una brezza leggera che ne sfoglia i petali vellutati; ma è soprattutto la Luce, aurorale, liquida, dorata come miele, a testimoniare della magia dell'ora, a creare una sorta di pulviscolo di sole che funge da filtro della memoria, a dar corpo a quella "architettura di un istante" che Jean-Michel Folon coglie con acuta sensibilità nei fiori di Morandi (Parigi, 1985).

mercoledì 2 dicembre 2009

Arcangeli e Morandi

Anche Francesco Arcangeli si è interessato dell'opera di Morandi, ma il pittore ha ritenuto la visione del critico troppo lontana dalla propria poetica per accettarla.